Di abbigliamento infantile si comincia a parlare solo dal XX secolo. Nei primi due o tre anni di vita, i bambini indossavano un vestitino di linea sciolta uguale per entrambi i sessi. In seguito alle nuove teorie di puericultura che ritroviamo nelle cronache di fine ‘700, grazie al filosofo francese Rousseau si ritenne che il gioco e la libertà di movimento erano indispensabili per un corretto sviluppo del bambino, quindi si andò a concepire una tipologia di abbigliamento per i più piccoli più specifica, seppur riprendendo i motivi decorativi della moda di quel periodo.

Nell’800 le bambine cominciano ad indossare abitini più corti, seppur mai oltre il ginocchio, riprendendo la linea di quelli indossati dalle madri, lasciando il corpo alle sue linee naturali.

Anche le bambine però indossavano il busto, con la funzione di fornire un sostegno per assumere una corretta postura, più morbido e meno costrittivo di quello indossato dalle madri.

I maschietti indossavano calzoni corti al ginocchio, con morbide casacche. Fino ai 4-7 anni, l’età variava a seconda delle abitudini locali e famigliari, venivano vestiti con abiti femminili, praticamente identici a quelli delle sorelline, probabilmente perchè veniva facilitato il cambio del piccolo. Tra bambino e bambine cambiavano la scelta dei colori e dei tessuti.

Diversi erano invece i tagli di cappelli e gli accessori. Il tipo di abbigliamento in voga per entrambi i sessi, a fine ‘800-inizio ‘900, è l’abito alla marinara. Confezionato con materiali comodi e resistenti, facilmente lavabili. Dagli adulti, l’abbigliamento alla marinara si rivelò altrettanto comodo per potersi muovere, come completi da ginnastica o bicicletta.

Comincia poi la diffusione dei grandi magazzini destinati agli acquisti delle classi medie e nascono laboratori sartoriali, accompagnando il progresso che ha contraddistinto l’epoca.

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